Il bicchiere mezzo pieno e la stretta via di Mario Draghi

Per Mario Draghi, la ripresa dell’economia europea è modesta, lenta, ma procede, sorretta da una politica monetaria cha Draghi ha definito “accomodante”.

Insomma, per Draghi, un bicchiere pieno a metà.

Che cosa riempie il bicchiere per metà?

  • L’inflazione: Tornerà (dicono le previsioni della BCE) verso il 2% nel 2016
  • La finanza pubblica: Il disavanzo/pil dell’area euro scenderà ancora dal 3,2% al 2,7% nel 2014, riducendo ulteriormente quelli che Draghi chiama squilibri (“imbalances”)
  • La politica monetaria: La BCE manterrà i tassi bassi anche quando l’inflazione tornerà verso il 2% e in tal modo caleranno i tassi reali
  • Il meccanismo di trasmissione della politica monetaria: È migliorato grazie ai provvedimenti presi in questi anni

E che cosa tiene invece il bicchiere vuoto per l’altra metà?

  • Il divario tra Pil e capacità produttiva: Comunque lo si misuri, rimane elevato e si riduce troppo lentamente. L’area euro è oggi un’area di stabilità ma non di prosperità, né di creazione di posti di lavoro
  • La disoccupazione strutturale: Richiede riforme strutturali che avanzano troppo lentamente
  • La finanza pubblica: Già, ancora lei, perché esiste il pericolo che i governi vanifichino gli sforzi fatti facendo tornare a crescere il debito e gettando al vento i sacrifici fatti. In altre parole, disco rosso di Draghi agli sforamenti del deficit!

Il moderato ottimismo di Draghi si basa dunque su una scommessa lungo una strada stretta e rischiosa.

La BCE è convinta che la disoccupazione europea sia in parte ciclica e in parte strutturale. Per quanto riguarda la seconda, non resta che confidare sulle riforme, appunto, “strutturali” (e su base nazionale).

Per quanto riguarda la prima, invece, la BCE ritiene che la disoccupazione ciclica calerà in risposta alla crescita della domanda. E da dove mai verrà un aumento della domanda aggregata?

Per Draghi, sarà stimolata dalla politica monetaria accomodante, dalle migliorate condizioni finanziarie e dal consolidamento della finanza pubblica. Un ragionamento che si basa su due ipotesi:

  1. Il modello di Draghi conta sull’efficacia del “bank lending channel”, cioè del meccanismo (tipico dei modelli keynesiani tradizionali) attraverso il quale in un’economia dove c’è elevata disoccupazione ciclica, tassi reali più bassi stimolano gli investimenti. È un punto in cui l’evidenza empirica fornisce oggi un sostengo molto fragile.
  2. Il modello di Draghi conta anche sull’effetto della finanza pubblica, a condizione che i governi intervengano con aggiustamenti che stimolino la crescita. Ma anche qui la costruzione è fragile, perché se è vero che una redistribuzione del carico fiscale appropriata può avere qualche limitato effetto sulla domanda, l’effetto è vanificato in un contesto di compressione del disavanzo. Perchè un minor disavanzo non può che togliere flussi essenziali di denaro dall’economia reale.

La parte piena del bicchiere sembra piena di illusioni.